Un concorso quantestelle all’inizio di un maggio caldissimo, la premiazione della categoria appena finita cattura l’attenzione di tutti - spettatori cavalieri addetti ai lavori con gli occhi puntati sui premiati, e bandiere e applausi e musica e tante parole là davanti ai palchi. Il sole sembra già quello dell’estate e il campo prova è arroventato e deserto. Quasi deserto, un cavaliere c’è: asciutto, elastico, concentrato ogni tanto si volta e guarda giù verso il posteriore sinistro della sua saura. Durante il percorso appena terminato una imprecisione nella risposta della cavalla ai suoi aiuti gli ha dato modo di permettersi un lusso che si vede poco in gare a tempo con un monte premi così importante – tra il secondo e terzo elemento di una doppia gabbia la bella saura non si era ricomposta a dovere ritrovandosi un filo troppo a sinistra, lui se la riprende e senza nemmeno darle il modo di pensare ad un rifiuto fa una mezza volta e ritorna sull’ostacolo con calma, perfettamente in linea, esattamente dove e come vuole lui. Ma prima del prossimo percorso la cavalla ha bisogno di capire, serve accordare lo strumento e il cavaliere adesso è lì e mentre tutti gli altri smontano e lasciano il cavallo al groom lui lavora.
Trotto, spalla in dentro, l’incollatura della saura è tutta a disposizione della mano del suo cavaliere, una mano leggera che la porta ad allungarsi in avanti, ancora più avanti, elastica e ordinata e passano i trattori ad erpicare ed innaffiare, tornano gli altri cavalieri per galoppare i cavalli e provare i salti ma il nostro trotta ancora, assaggia, ascolta la cavalla e le ripassa gli esercizi –appoggiata leggera come se la cavalla fosse un foglia e il vento la spostasse di lato, trotto allungato facile e naturale e bello, leggero, pieno di garbo e diritto come una spada e poi ancora trotto e volte e trotto, trotto, e il cavaliere è quasi soddisfatto e prova a saggiare il lavoro fatto – passi indietro, tutta la diagonale quasi fino a rientrare nell’angolo, alt, ma la cavalla si oppone appena, vorrebbe mettere un piede li in avanti ma lui non vuole (“là dietro lo devi appoggiare, esattamente là dove ti dico io” – “Mmmmnnnno che io lo voglio mettere là” – “e invece lo metterai là dietro dove ti ho detto”). Una resistenza ancora, un dialogo più mentale che fisico, l’anteriore destro della cavalla saura rimane ancora sospeso un attimo, il cavaliere è di spalle, la schiena diritta, le spalle aperte, le mani ferme, la testa appena appena piegata di lato come se stesse ascoltando qualcosa detto a bassissima voce, ancora un attimo….e la cavalla poggia il piede dietro, piega l’incollatura e si arrotonda sulla mano del cavaliere, altri tre passi morbidi all’indietro, fluidi come una musica fatta di acqua.
Passo, il lavoro è finito, adesso tutto è come deve essere.
Il cavaliere era Michel Robert: chapeau, Monsieur.
Trotto, spalla in dentro, l’incollatura della saura è tutta a disposizione della mano del suo cavaliere, una mano leggera che la porta ad allungarsi in avanti, ancora più avanti, elastica e ordinata e passano i trattori ad erpicare ed innaffiare, tornano gli altri cavalieri per galoppare i cavalli e provare i salti ma il nostro trotta ancora, assaggia, ascolta la cavalla e le ripassa gli esercizi –appoggiata leggera come se la cavalla fosse un foglia e il vento la spostasse di lato, trotto allungato facile e naturale e bello, leggero, pieno di garbo e diritto come una spada e poi ancora trotto e volte e trotto, trotto, e il cavaliere è quasi soddisfatto e prova a saggiare il lavoro fatto – passi indietro, tutta la diagonale quasi fino a rientrare nell’angolo, alt, ma la cavalla si oppone appena, vorrebbe mettere un piede li in avanti ma lui non vuole (“là dietro lo devi appoggiare, esattamente là dove ti dico io” – “Mmmmnnnno che io lo voglio mettere là” – “e invece lo metterai là dietro dove ti ho detto”). Una resistenza ancora, un dialogo più mentale che fisico, l’anteriore destro della cavalla saura rimane ancora sospeso un attimo, il cavaliere è di spalle, la schiena diritta, le spalle aperte, le mani ferme, la testa appena appena piegata di lato come se stesse ascoltando qualcosa detto a bassissima voce, ancora un attimo….e la cavalla poggia il piede dietro, piega l’incollatura e si arrotonda sulla mano del cavaliere, altri tre passi morbidi all’indietro, fluidi come una musica fatta di acqua.
Passo, il lavoro è finito, adesso tutto è come deve essere.
Il cavaliere era Michel Robert: chapeau, Monsieur.
Nessun commento:
Posta un commento