
Visto che stiamo attraversando un periodi di crisi generale...coraggio, sono cose che capitano! da "Argento e vecchi filetti"
Più forte degli anni e dei chilometri percorsi, più forte della crisi economica incombente e dell’inflazione galoppante alle quali, allora come adesso, crediamo solo quando la pensione del cavallo in maneggio aumenta del 75%; più forte anche dei freni che normalmente per undici mesi l’anno ci inibiscono, impedendoci di cadere in situazioni scomode o imbarazzanti, più forte insomma di tutto un italiano in vacanza non si nega niente, meno che mai la passeggiata a cavallo e, soprattutto, non rinuncia alla fotografia che prova l’impresa. Magari la passeggiata equestre sì, quella possiamo evitarla ma la foto giammai, ci vuole, per un istante di posa che diventerà sempre (almeno per chi non ci conosce troppo bene) saremo Cavalieri Coraggiosi.
Tanta cattiveria da che è ispirata, del tutto inopportunamente? Da questa fotografia di tranquilli signori in vacanza negli Stati Uniti del 1929. Se non ci fossero la data autografa e la paglietta della groom a testimoniarlo inconfutabilmente, si farebbe fatica a trovare un appiglio per non confonderla con una fotografia moderna (e ancora una volta viene da pensare che i cavalli sono sempre quelli, per fortuna e anche gli uomini, purtroppo). Gita sotto il sole a picco, cappellone souvenir d’Amerique per Giuseppe che, assieme a Nilde, sfoggia una certa disinvoltura in sella mentre gli altri tre compagni di avventura sorridono un po’ troppo rigidamente per essere rilassati come vogliono sembrare. Ma la solida ragazzona che con piglio deciso tiene i cavalli sottomano non ha l’aria di chi si fa sorprendere da una rallegrata dei due professionisti del turismo che portano il peso della tondeggiante Mary, e della marinaretta ippotrasportata.
Partendo un po’ per la tangente e non addebitando a Mary e compagnia colpe che non hanno, niente di nuovo sotto il sole di luglio: turisti agili come sacchi di patate che smonteranno di sella credendo di esserne scesi, perfetti disinteressati dei cavalli che pagano un pappone qualsiasi per affittare una povera bestia sfiancata. E dopo averne abusato (senza assolutamente rendersi conto di quel che succede sotto di loro), sono convinti di conoscere tutto, assolutamente tutto quello che c’è da sapere sul modo di andare a cavallo. Tiri a destra per andare a destra, a sinistra per andare a sinistra, tutt’e due per fermarsi, che motivo c’è di farci su tante chiacchiere o di inventarsi tante difficoltà, poi? Quelli che usano i cavalli così, fanno perfettamente il paio con chi è convintissimo di essere un irresistibile sciupafemmine per via del fatto che, a scadenze più o meno regolari, intasa le strade di periferia per trovare sui marciapiedi una professionista sufficientemente platinata e possibilmente non troppo esosa che lo convinca (previo pagamento pronta cassa) di essere un’affascinante Don Giovanni .
Paragone esagerato? Non credo. Chi non ha mai visto quei posti orrendi dove d’estate poveri cavalli sfiancati, magri come scheletri, polverosi come zerbini aspettano apatici sotto il sole che arrivi un numero sufficiente di clienti, per poi someggiarli lungo un percorso oramai imparato a memoria e seguito con lo sforzo minimo necessario ed indispensabile? I maneggi onesti, quelli dove quel noioso dell’istruttore non ti fa uscire se non hai fatto abbastanza lezioni da poter stare in sella con sufficiente sicurezza sono sicuramente semideserti; ma dal marpione che a tre lire ha dirottato dal mercato bestiame qualche povero animale il più vecchio e magro possibile (comprandoli a peso di carne c’è da scommettere scelgano quello con più costole in vista) ci sarà la fila: e le povere bestie partite già in riserva faranno e rifaranno il loro calvario, con tutte le sue stazioni. Fino ad esaurimento, fino al termine della stagione, fino a quando ci sarà un qualche turista in vena di sentirsi tanto bello in groppa al destriero, e speriamo che non si accorga che tirando in bocca alla povera bestia questa, spaventata, azzarda una qualche timida e sfinita reazione: il “cavaliere” potrebbe anche trovarlo più emozionante, e tentare di riprovarci per sentirsi tanto domatore di cavalli. E se finita l’estate, finita la tortura, finita la sofferenza le povere bestie arrivano al macello e non hanno più modo di continuare a patire, non è detto che le conseguenze negative siano terminate: sicuramente se l’affitta cavalli ha avuto un saldo positivo, l’anno dopo ritenterà l’esperienza; sicuramente, se i prodi cavalcanti in scarpe da ginnastica si sono divertiti, l’anno dopo ritorneranno a fare il giretto a cavallo, esattamente come rifaranno il giro in pedalò, in bicicletta, con l’acqua scooter e quant’altre attrezzature siano a disposizione, perché non viene equiparato ad altro che un qualsiasi mezzo un cavallo in questo contesto.
Su cento cavalcanti delle vacanze, probabilmente almeno ottantacinque saranno convintissimi di sapere tutto quello che serve sui cavalli e ne rimarranno incrollabilmente convinti per tutta la vita, e magari ciclicamente si confermeranno su questa posizione riprovando (sempre in uno di questi lager da cavalli) l’ebbrezza della galoppata in libertà ottenuta a suon di calcioni nelle costole dei dannati pigroni che hanno sotto la sella.
E il guaio più grosso sono proprio questi ottantacinque, che non capiranno mai cosa vuol dire montare a cavallo, che non capiranno mai un cavallo, e che sogghignando rideranno di quei poveri sciocchi che dopo aver passato una vita in mezzo ai cavalli, lavorando con loro, sono ancora affascinati da tutto quello di misterioso si portano dietro, da tutto quello che non dicono ma che, se li guardi bene, ti lasciano intravedere. E proprio questi ottantacinque, alla prima occasione, pontificheranno della stupidità equina dando per certo a chi li ascolta che solo una bestia stupida può spaventarsi come un cavallo, od avere reazioni altrettanto imprevedibili; di solito, questa presa di coscienza avviene dopo che un cavallo meno martire degli altri li avrà scaricati a terra, o per lo meno fatti sentire alla sua mercè con la precisa cognizione di non meritar da lui mercede (detta in soldoni, resi coscienti del fatto di essere incapaci per propria inettitudine personale di controllare il cavallo).
Questi tristi ottantacinque figuri su cento non hanno capito che bisogna avere pazienza, che bisogna avere tempo, che bisogna avere voglia di aspettare e di stare con loro, coi cavalli. Non hanno capito e forse non capiranno mai che dietro ogni movimento, reazione, impazienza dei cavalli, dietro ogni loro sbuffo tranquillo, dietro ogni sgroppata o piantata c’è qualcosa da capire, che noi non siamo ancora riusciti a capire ma che loro instancabilmente provano a farci comprendere. Non smettono mai di parlare, di provare a comunicarci il loro stato d’animo, le loro necessità, i loro disagi o la loro soddisfazione, la loro allegria o le loro paure. Siamo noi, poveri ottusi uomini che non capiamo, specialmente quando non abbiano voglia di starli ad ascoltare.
1 commento:
Troppo bello e, purtroppo, troppo vero :-(
Sono anche gli stessi che dicono che ad andare a cavallo fa fatica solo il cavallo, oh come vorrei vedergli fare una sola lezione di quelle serie, di quelle che il giorno dopo hai dolori a muscoli che manco sapevi di avere ^_^
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