martedì 13 novembre 2007

Figli, sogni, genitori e cavalli



Il sogno di ogni genitore (confessato o meno che sia), è quello di veder crescere il proprio figlio come una versione riveduta, corretta e migliorata di se stesso. E' sbagliato, si sa, i figli sono frecce scoccate nel futuro che non dobbiamo zavorrare e deviare con il peso delle nostre ambizioni e dei nostri sogni ma..... chi, ditemi chi di voi non ha regalato al proprio pargolo un cavallo a dondolo col preciso, deliberato intento di traviarlo, sognandoselo già grande staffa contro staffa in passeggiate serene, ammirando il suo ovviamente splendido assetto?

Ammettiamolo, ogni genitore che passi il tempo felice della sua vita su una sella farà più o meno coscientemente qualunque cosa secondo il suo giudizio possa spianare la strada verso l'empireo equestre all’erede che Pegaso (e non una banale cicogna) gli ha recapitato a casa: si comincia dai bavaglini con su ricamati i cavallini passando per tutti i peluche equini disponibili sul mercato, finendo invariabilmente per portare il ragazzino in scuderia prima ancora che gli sia passata la crosta lattea parcheggiandolo carrozzina e tutto dentro al box del cavallo (che ovviamente è fuori, sotto la sella di mammà ).

Da qui in poi, ogni arma è lecita: si sa di madri degeneri che hanno convinto il figlioletto di un anno e mezzo a fare il governo della mano al cavallino a dondolo con un coperchietto di barattolo per striglia, e una vecchia spazzola come brusca. Si potrebbe chiamare il Telefono azzurro per molto meno.
Il tempo galoppa veloce, e sorgono i primi dubbi: pony o non pony? iscriverlo o non iscriverlo ad un corso di equitazione, vedendo già (con gli occhi di un cuore orgoglioso) il piccoletto saltare in sella ad un delizioso Connemara gli ostacoli che portano alle prime coppe da esibire con noncuranza sulle mensole di casa? La tentazione è forte, ma in un momento di lucidità ci si pone una domanda cruciale: cosa vogliamo trasmettere a questo benedetto ragazzo, una missione o una passione? Vogliamo le coppe, o regalargli un modo per essere felice? Allora le strade si dividono nettamente, a seconda degli obiettivi:

a) non si dà importanza alla cosa quando la famiglia del pargoletto ha i cavalli nel DNA, e allora Pieri e Raimondi e Filippi sembra crescano da soli.
b) si fa di tutto per trasformarsi in rappresentanti assatanati della deleteria genìa degli ippogenitori, quelli che sono convinti sempre e comunque che il rifiuto sia colpa del pony, dell'istruttore, del colore dei gerani del riparo ma assolutamente non del loro tesoro, che per sviluppare il proprio talento avrà a disposizione innumerevoli cavalli che cambierà regolarmente ogni sei mesi, non trovando disgraziatamente mai il campione che gli compete;
c) si cerca di ritrovare la stessa scintilla che ha incendiato noi la prima volta che abbiamo sentito parlare di cavalli, e si prova in modo carbonaro, sotterraneo ed infido a riprodurla per avere lo stesso risultato.

Cos'era stato a farci innamorare dell'idea di un naso morbido come il velluto, perchè pensavamo che non ci fosse niente di più sincero dello sfregarsi di un lungo muso sulla nostra guancia? Cos’è che si muove dentro quando riusciamo a capirci senza parlare con il nostro cavallo, e cosa è che ce lo fa cercare così testardamente, quello e non altro, solo sentire il proprio pensiero diventare movimento non appena lo desideriamo? Come abbiamo fatto a capire la bellezza della sua sensibilità e a non scambiarla per subdola imprevedibilità, a capire che la nobiltà del nostro e di tutti i cavalli sta nella immediata risposta, sempre sincera che danno a tutto? Fiducia per fiducia, rispetto per rispetto, e soprattutto assoluta insofferenza a sotterfugi, bugie e trucchetti vari.

Poi starà al figliolo decidere, con gli anni si vedrà se qualcosa è rimasto o se tutto è scivolato via, ed anzi il pargolo odierà i cavalli a vita per la sovraesposizione patita nell’infanzia. Non ci sono ricette, non ci sono regole, non si può sapere con certezza come i figli useranno quello che gli abbiamo dato, possiamo solo metter loro davanti un po’ di cose. E anche vedere l’uso che ne fanno è divertente, strabiliante, come tutte le cose che i bambini fanno quando sono lasciati liberi di fare.

Ma se il mio, da grande, entrerà in scuderia e sentirà un sorriso che gli viene da dentro quando il suo cavallo gli nitrirà per salutarlo, se sentirà tutto quello che sento anche io, allora mi sembrerà di avergli regalato tutti i cavalli del mondo.

Maria Cristina Magri

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